Qualora un soggetto (detto fiduciante) affidi un dato capitale a una società fiduciaria con l’incarico di amministrarlo, tecnicamente si configura un mandato senza rappresentanza mediante il quale la fiduciaria amministra un capitale la cui proprietà effettiva rimane in capo al fiduciante.

La società fiduciaria che abbia mal gestito il capitale conferito dal fiduciante e che non sia quindi in grado di restituirlo al fiduciante perché divenuta insolvente, risponde del danno correlato all’inadempimento del mandato e alla violazione del patto fiduciario. Si tratta di un’obbligazione risarcitoria da inadempimento del mandato fiduciario conferito dal fiduciante alla fiduciaria (Cass. 13143/2022), emanata a Sezioni Unite. Le società fiduciarie agiscono in Italia secondo lo schema della cosiddetta “fiducia germanistica”: i beni affidati in gestione alla società fiduciaria rimangono di proprietà del fiduciante e la società fiduciaria ne assume l’amministrazione per conto di terzi (comprensiva del potere di rappresentanza). Quindi il patrimonio fiduciato non subisce alcun trasferimento di proprietà e la società fiduciaria è destinataria della sola legittimazione all’esercizio dei diritti relativi ai beni o ai capitali a essa affidati dal fiduciante.

Osservando l’operatività tipica di una società fiduciaria, le Sezioni Unite sostengono dunque che i fiducianti devono essere identificati come gli effettivi proprietari dei beni da essi affidati alla società fiduciaria e a questa strumentalmente intestati: il mandato dei fiducianti a investire danaro, anche quando rimetta alla discrezione professionale della società fiduciaria l’opzione tra diverse ipotesi di investimento, è preordinato, pertanto, a costituire tanti patrimoni separati da quello della società fiduciaria stessa quanti sono i mandati fiduciari da essa ricevuti.

Detta separazione ha l’effetto di rendere intangibile ai creditori della società fiduciaria il patrimonio affidato dai fiducianti alla società fiduciaria, con la conseguenza che l’eventuale cattiva gestione, da parte degli amministratori della fiduciaria, dei beni affidati alla società fiduciaria, non comporta una lesione all’integrità del patrimonio sociale della società stessa. Pertanto, i commissari liquidatori (i quali siano nominati nel caso del default della fiduciaria) sono ritenuti privi di legittimazione ad agire per far valere la responsabilità degli amministratori e dei sindaci della fiduciaria verso i fiducianti, visto che si tratta di una responsabilità che si origina non nei confronti della generalità dei creditori (per avere compromesso la funzione di generica garanzia del patrimonio sociale, ledendone l’integrità), ma nei confronti dei fiducianti medesimi. Solo a questi ultimi, come terzi danneggiati, spetta la legittimazione in ordine all’azione individuale di responsabilità. Quindi, la società fiduciaria, la quale abbia malamente gestito il capitale conferito dai fiducianti, e che non sia in grado di restituirlo a essi, perché divenuta insolvente, risponde essa stessa del danno correlato all’inadempimento del mandato e alla violazione del patto fiduciario. Così, la relativa obbligazione, quando azionata mediante l’insinuazione concorsuale, se anche parametrata all’ammontare del capitale conferito e perduto, è pur sempre un’obbligazione risarcitoria da inadempimento del mandato conferito alla società fiduciaria dal proprio fiduciante.

(Visited 1 times, 1 visits today)