Sono invalide le clausole del contratto con cui il costruttore cede l’appartamento ma non il posto auto previsto dalla legge ponte in quanto va riconosciuto il diritto reale d’uso dello spazio in favore del condomino. E scatta il risarcimento se l’area è poi destinata a usi incompatibili.

Non si può vendere la casa senza il parcheggio. Sono nulle le clausole del contratto con cui il costruttore cede l’appartamento ma non il posto auto previsto dalla «legge Ponte» (legge n. 765/1967): il negozio deve essere integrato per effetto di una norma di legge riconoscendo il diritto reale d’uso dello spazio in favore del condomino e allo stesso tempo si configura il diritto del venditore all’integrazione del prezzo, che deve avvenire a valori di mercato. Attenzione, però: se l’area destinata a parcheggio dal progetto dello stabile viene poi edificata in modo incompatibile con la funzione programmata, può scattare soltanto un risarcimento a carico del costruttore e non anche un onere di ripristino. Lo stabilisce la sentenza n. 1445/2022, pubblicata il 18 gennaio dalla seconda sezione civile della Cassazione.

Disciplina legale. È stato l’articolo 18 della legge 765/1967 a introdurre l’articolo 41 sexies alla legge urbanistica, la 1150/1942, con l’obiettivo di fare da ponte verso un nuovo provvedimento normativo in materia, mai adottato.

La disposizione prescrive di riservare a parcheggi nell’edificazione degli stabili residenziali spazi pari a un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, mentre la legge n. 246/2005 che ha liberalizzato la vendita dei posti auto separata dalle unità immobiliari dispone soltanto per il futuro rispetto alla sua entrata in vigore. La norma è imperativa e inderogabile: opera non soltanto nel rapporto fra costruttore e autorità ma anche nei rapporti privatistici. E dunque le clausole nulle che prevedono la vendita dell’appartamento senza posto auto sono sostituite dalla disciplina legale, costituendo il diritto reale d’uso a parcheggio a vantaggio dell’unità abitativa. L’importo della vendita, tuttavia, deve essere integrato con il corrispettivo del diritto all’uso dell’area: il prezzo di mercato si ritiene coincidente con quello normalmente praticato dall’alienante, cui bisogna in tal caso rifarsi ex articolo 1474, primo comma, c.c..

Condizione specifica. Bocciato nella specie il ricorso proposto dagli eredi del proprietario del seminterrato: i condomini hanno diritto a utilizzare i posti auto. È una piccola ditta edile a costruire il complesso residenziale in un popoloso Comune alle porte di Napoli: allo scioglimento della società in nome collettivo, il piano al di sotto degli appartamenti risulta attribuito a uno dei soci, entrambi ingegneri, che lo cede in locazione a un terzo; quest’ultimo, guarda caso, destina il seminterrato ad autorimessa: all’inizio consente ai condomini di parcheggiare gratis, poi inizia a pretendere il pagamento di un canone mensile. E certo di posto ce n’è: l’area si estende per circa 850 metri quadrati. Il punto è che la concessione amministrativa ottenuta a suo tempo dalla snc per dare il via ai lavori prevede una condizione specifica con un riferimento esplicito all’articolo 18 della legge 765/68: un’area proporzionata alle cubature deve essere riservata al parcheggio dei condomini. E il progetto presentato al Comune dalla società individua lo spazio ad hoc proprio nel seminterrato «incriminato». Risultato? Alla fattispecie si applica la normativa urbanistica dettata dall’articolo 41 sexies della legge la 1150/42: la disposizione è recepita nella concessione edilizia del fabbricato. Non c’è dubbio che sussista una violazione della legge ponte: a configurarla è proprio la stipula del contratto di locazione da parte del proprietario del seminterrato perché la cessione al terzo a uso autorimessa risulta in contrasto con l’obbligo di non eliminare il vincolo di natura pubblicistica costituito sul locale a favore dei condomini.

Rapporto mai sorto. Nel frattempo il seminterrato risulta modificato e restano destinati a parcheggio «solo» 728 metri quadrati. Che tuttavia bastano e avanzano per gli 11 condomini che in origine hanno fatto causa al costruttore-proprietario del locale: il volume complessivo degli appartamenti supera di poco i 4.300 metri cubi e dunque in base alla legge ponte lo spazio complessivo di parcheggio ammonta a 217 metri quadrati, secondo i calcoli del consulente tecnico d’ufficio; il tutto comprese aree di sosta, di manovra e di accesso. Non si pone, invece, il problema degli altri condomini rimasti estranei alla controversia: possono soltanto chiedere i danni. Resta da capire perché scatti soltanto il risarcimento se, all’atto pratico, lo spazio destinato a parcheggio nel progetto autorizzato viene utilizzato per realizzarvi manufatti e opere di altra natura: il fatto è che non si può far ricorso alla tutela ripristinatoria di un rapporto giuridico mai sorto, per quanto si possano ravvisare a carico del costruttore responsabilità di natura amministrativa (ed eventualmente penale).

Titolo insufficiente. È fondamentale, dunque, la concessione edilizia: può ad esempio far accertare la natura condominiale dell’area esterna al fabbricato. Poniamo che manchi un’espressa riserva di proprietà nel titolo originario di costituzione del condominio. E che non vi sia alcun riferimento anche nei singoli atti di trasferimento delle singole utilità immobiliari. La proprietà collettiva dello spazio attorno al fabbricato ex articolo 1117 c.c., spiega la Cassazione nell’ordinanza 19248/21, può essere accertata in base alla legge «ponte» sui posteggi pertinenziali negli edifici residenziali. Ma a patto che dal titolo edilizio, originario o in variante, emerga che l’area risulta destinata alla sosta dei veicoli per i condomini e che in corso di costruzione è stata riservata a tal fine e non impiegata invece per realizzarvi opere di altra natura.

Diventa definitiva la decisione che riconosce al condomino il diritto d’uso a parcheggio nel garage seminterrato e non nel cortile interno. Bocciato il ricorso incidentale proposto dalla società costruttrice secondo la quale il proprietario dell’appartamento avrebbe già uno spazio dove lasciare l’auto in sosta perché avrebbe acquisito una delle aree in fregio al fabbricato vincolate a parcheggio. Non giova riportare in stralcio del ricorso il titolo di acquisto dell’appartamento dal quale emergerebbe che l’impresa edile non si sarebbe riservata la proprietà dell’area: non può essere riesaminata in sede di legittimità la valutazione in fatto della Corte d’appello sulle caratteristiche dell’area in fregio al fabbricato, evidentemente inidonea al posteggio. E ciò tanto più in base al solo titolo d’acquisto dell’immobile.

Atto conservativo. L’amministratore condominiale, infine, è legittimato ad agire contro il singolo proprietario che usurpa il piano scantinato destinato invece a parcheggio dell’edificio. E ciò perché, ricorda l’ordinanza 4255/18 della Cassazione, la legge «ponte» non impone al costruttore la cessione in proprietà degli spazi per il posteggio dei veicoli che vanno realizzati nei nuovi edifici: si tratta quindi di parti comuni del fabbricato rispetto alle quali chi sovrintende all’ente di gestione ben può esperire contro il singolo condomino l’azione volta a ottenere il ripristino dei luoghi.

Accolto il ricorso incidentale proposto dall’ente di gestione. Sbaglia la Corte d’appello a riformare la decisione del Tribunale, secondo cui invece il condominio va risarcito perché il singolo proprietario esclusivo detiene in modo illegittimo una parte del piano scantinato dell’edificio. E ciò perché far valere il diritto spetterebbe a ciascun acquirente delle unità immobiliari e non alla collettività. In realtà la legge Ponte impone soltanto un vincolo di carattere pubblicistico sugli spazi destinati al parcheggio stabilendo un diritto reale d’uso a favore di tutti i condomini. Insomma: i posti auto sono parti comuni condominiali ex articolo 1117 c.c. quando manca una riserva di proprietà ad hoc o un riferimento in tal senso negli atti di trasferimento degli appartamenti. E dunque ex articolo 1130 n. 4 c.c. l’amministratore ben può esperire da solo l’azione come atto conservativo contro il condomino che occupa in modo illegittimo una parte del parcheggio comune.

 

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