Le Sezioni Unite del 16 febbraio 2022, n. 5049 affermano la revocabilità del pagamento eseguito dal debitore, poi fallito, anche se è stato effettuato in adempimento di un credito assistito da garanzia reale, sebbene l’importo versato deriva dalla vendita del bene oggetto di pegno: con tale revoca sorge in capo al creditore che ha subito la revocatoria il diritto ad insinuarsi al passivo del fallimento con il medesimo privilegio.
Le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto: «il pagamento eseguito dal debitore, successivamente fallito, nel periodo sospetto, così come determinato nella l.fall., art. 67, comma 2, ove si accerti la scientia decoctionis del creditore, è sempre revocabile anche se effettuato in adempimento di un credito assistito da garanzia reale ed anche se l’importo versato deriva dalla vendita del bene oggetto di pegno».

Le Sezioni Unite si concentrano sul frequente problema della revocabilità del pagamento eseguito dal debitore effettuato in adempimento di un credito assistito da garanzia reale, anche se l’importo versato deriva dalla vendita del bene oggetto del pegno, verificando la revocabilità dell’incasso rinveniente dalla realizzazione del bene costituito in pegno consolidato e, di conseguenza, la compatibilità dell’ammissione del credito al passivo in chirografo con la stessa natura redistributiva dell’azione revocatoria fallimentare che è finalizzata esclusivamente al ripristino della par condicio creditorum.

Giova rammentare che secondo un orientamento (Cass. n. 18439/2004; Cass. n. 26898/2008) il pagamento diretto del corrispettivo del bene oggetto della garanzia eseguito in favore del creditore pignoratizio nel periodo sospetto non è revocabile in quanto in tal modo il creditore esercita il proprio diritto alla realizzazione del pegno, la cui costituzione non è più attaccabile con la revocatoria fallimentare. Pertanto, secondo tale tesi, la revoca del pagamento produrrebbe l’effetto di un’indiretta eliminazione ex tunc della garanzia e determinerebbe la trasformazione del credito da privilegiato a chirografario. Di conseguenza, in palese contrasto con la speciale autotutela esecutiva assegnata al creditore munito di garanzia reale dall’art. 53 l.fall., un diritto di prelazione, consolidatosi ben prima del fallimento sarebbe del tutto vanificato dalla revocabilità del pagamento eseguito per estinguere la garanzia.

Un differente indirizzo (Cass. n. 7649/1997), fondato sul cd. carattere indennitario dell’azione revocatoria fallimentare, assegna rilevanza alla verifica in concreto dell’interesse della procedura fallimentare a promuovere la revocatoria, da riscontrarsi solo ove si dimostri che vi sono creditori di grado poziore rispetto a quello che ha ricevuto il pagamento. Pertanto, il pagamento sarebbe irrevocabile se in sede di riparto al creditore pignoratizio (od ipotecario) si sarebbe potuto attribuire il medesimo importo ottenuto con il pagamento eseguito in sede prefallimentare, viceversa sussisterebbe il pieno interesse all’esercizio dell’azione revocatoria, da rinvenirsi anche quando si potesse dimostrare che il pagamento ante fallimento fosse d’importo superiore a quello ricavabile in sede di riparto.

Valga ricordare che la fondamentale pronuncia delle SS.UU. n. 7028/2006 ha attribuito all’azione revocatoria fallimentare una funzione distributiva ed antindennitaria, pertanto, l’eventus damni sarebbe, in tali fattispecie, in re ipsa consistendo nella lesione della par condicio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all’uscita del bene dalla massa conseguente all’atto di disposizione. Di conseguenza, il curatore ha il solo onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell’acquirente, mentre la circostanza che il prezzo ricavato dalla vendita sia stato utilizzato dall’imprenditore, poi fallito, per pagare un suo creditore privilegiato non esclude la indicata lesione della “par condicio”, né fa venir meno l’interesse all’azione da parte del curatore, dal momento che solo in seguito alla ripartizione dell’attivo potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati i quali, successivamente all’esercizio dell’azione revocatoria, potrebbero in tesi insinuarsi.

Dall’applicazione dei principi scolpiti dalle Sezioni Unite del 2006 discende che solo in seguito alla ripartizione dell’attivo potrà verificarsi se il pagamento non pregiudichi le ragioni degli altri creditori privilegiati che anche successivamente all’esercizio della revocatoria intendano insinuarsi così da tenere conto della possibile presenza di crediti prededucibili nel passivo fallimentare o di altri crediti di grado poziore destinati ad essere soddisfatti con preferenza rispetto a quello che ha subito la revocatoria, oltre che l’evenienza di insinuazioni tardive.

Pertanto, in ragione della natura distributiva dell’azione revocatoria e della necessità di ristabilire la par condicio creditorum in relazione a tutti i pagamenti eseguiti nel periodo sospetto senza alcuna esclusione dettata dalla natura giuridica dei crediti posti a pase degli importi versati, il credito conseguente alla restituzione derivante dall’eventuale esito vittorioso dell’azione revocatoria deve essere collocato al chirografo, atteso che il credito che s’insinua al passivo non è quello originario ma un credito nuovo che nasce dalla restituzione dovuto alla revocatoria: l’obbligo restitutorio non fa rivivere l’originaria garanzia.

Le Sezioni Unite, dunque, affermano la revocabilità di tutti i pagamenti eseguiti in favore di un creditore privilegiato che abbiano la duplice caratteristica di essere stati eseguiti nel periodo sospetto, unita alla consapevolezza del creditore dello stato d’insolvenza del debitore prossimo al fallimento.

Precisano, altresì, che il pagamento revocato costituisce pur sempre l’adempimento di un’obbligazione debitoria munita di garanzia reale ed assistita da diritto di prelazione esercitabile anche in sede concorsuale. Di conseguenza, l’inefficacia del pagamento eseguito nel periodo sospetto determina la collocazione concorsuale, in quanto non si può escludere l’esistenza di crediti prededucibili e poziori, tenuto conto della formazione progressiva dello stato passivo. Tuttavia, in ossequio al principio della par condicio creditorum, la causa di prelazione che assisteva il credito originario qualifica anche il nuovo credito derivante dal pagamento (eseguito in adempimento del credito privilegiato) revocato verificandosi nell’ipotesi della collocazione in chirografo un effetto deteriore anche rispetto alla soddisfazione post fallimentare di un credito avente le medesime caratteristiche ma non ancora realizzato.

Pertanto, sebbene il ricavato della vendita del bene oggetto della garanzia reale non è stato acquisito dalla massa ma anzi il pegno è stato escusso prima della dichiarazione di fallimento, il creditore deve concorrere su quanto restituito a seguito della revoca con la stessa collocazione che gli sarebbe spettata se la somma fosse stata ripartita dal creditore a seguito della liquidazione dell’attivo, previa decurtazione dei crediti prededucibili e con prioritaria soddisfazione dei crediti poziori.

Si bilancia in tal modo il diritto dei creditori concorsuali a non ricevere meno di quanto avrebbero diritto se il pagamento al creditore munito di diritto di prelazione fosse avvenuto tramite il riparto e la tutela del creditore revocato a che i creditori concorsuali non ricevano di più di quanto avrebbero ottenuto se il suo soddisfacimento fosse avvenuto all’interno del concorso.

 

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