In tema di società a responsabilità limitata, la facoltà riconosciuta al socio  dall’ art. 2473 c.c. , 2 comma di recedere “ad nutum” sussiste solo nel caso in cui la società sia stata contratta a tempo indeterminato e non già anche a tempo determinato anche se con termine di durata molto lungo nel tempo. In primo luogo, infatti, l’adesione ad un’interpretazione letterale del testo della richiamata disposizione si impone in ragione della necessità di tutelare l’interesse dei creditori sotto il profilo patrimoniale, in relazione alla conservazione della garanzia patrimoniale rappresentata dal patrimonio sociale, a tutela (anche) del quale è dettata la disciplina del procedimento di liquidazione della quota, interesse già esposto al rischio del recesso “ad nutum” laddove sia pattuita l’intrasferibilità della partecipazione (art. 2469 c.c., secondo comma), oltre che nelle altre ipotesi previste dall’atto costitutivo o dalla legge (art. 2473, primo comma, cod. civ. In secondo luogo, la tesi restrittiva risponde anche all’esigenza di tutelare l’interesse dei creditori sotto il profilo organizzativo, in relazione alla conoscenza delle cause di recesso, in quanto strumentale alla pianificazione dei rapporti con la società sulla base di informazioni accessibili, chiare e incontrovertibili (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso proposto dalla società, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata – per aver la stessa ritenuto che il termine di durata della società, fissato nell’anno 2050, fosse di ampiezza tale da consentire il recesso “ad nutum” da parte del socio – e, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, rigettato l’originaria domanda introdotta da quest’ultimo). (Cass. sez. 1 civile, Ordinanza 05-09-2022, n. 26060)

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